Il 4 maggio 1585, con atto rogato dal notaio Valerio Mandina, mons. Emilio Scattaretica concedeva la cappella del SS. Rosario, anticamente dedicata a San Lorenzo, ai nobili della Città che vi fondarono un pio sodalizio. In quegli anni alcune famiglie dell’antico patriziato cittadino erano ancora presenti ma gradualmente spostavano i propri interessi verso la capitale del regno.
Agli inizi del Seicento il culto della Madonna del Rosario era molto vivo: nella prima domenica del mese, dopo il vespro, aveva luogo una processione con la partecipazione della confraternita, del capitolo e del clero. I nobili recitavano il rosario il mercoledì, sabato e domenica di ogni settimana e offrivano ogni anno una libbra di cera nel giorno dell’Assunzione della Beata Vergine Maria.
Il Reverendo Capitolo della Cattedrale vi celebrava la festa di San Lorenzo mentre ai sacristi era demandato il compito di assicurare il decoro della sacra immagine presente in cappella.
Nel 1636 il vicario capitolare ordinava di “recitarsi [in cappella] il rosario tre volte alla settimana, esporvisi il Santissimo nei venerdì di marzo e fare la novena del Natale e la messa di san Lorenzo”.
Se le prime regole privilegiarono il culto e l’elevazione spirituale dei confratelli, mediante la recita del rosario ed altri riti comunitari, ampio spazio dovettero trovare anche finalità assistenziali e caritative nei confronti dei ceti più poveri.
Dovette essere un’esperienza intensa ma di breve durata: nella visita pastorale del 1665, condotta dal vicario Antonio Savo de Panicolis, la cappella della Beata Vergine del SS. Rosario veniva solo menzionata senza alcun accenno al nobile sodalizio (pochi anni prima si era abbattuto il flagello della peste con grave contraccolpo dal punto di vista demografico, economico, sociale).
Il sodalizio si estinse nel 1706. Quel particolare privilegio che aveva legato la confraternita alla nobiltà, e quindi agli ultimi eredi dei “maiores”, si era trasformato in un limite invalicabile!
La cappella, amministrata dai civici governatori, accolse anche le adunanze dei #Parlamenti nobiliari, come si evince dalla lettura dei verbali relativi agli anni 1730-1805.
Il dipinto è opera di Rachele Luciano, un’artista attiva nel terzo quarto del Settecento.