Il pulpito, o ambone del Vangelo, fatto eseguire dal nobile Nicola Rufolo nel 1272, è opera dello scultore Nicola di Bartolomeo da Foggia. “Ego magister Nicolaus de Bartolomeo De Fogia marmorarius hoc opus feci” (Io maestro marmorario Nicola di Bartolomeo da Foggia ho realizzato quest’opera) si legge sulla lastra che affianca la scala d’accesso mentre più in alto è presente la lapide dedicatoria
L’ambone è composto da una rampa di accesso e da una cassa quadrangolare. Un arco trilobo, nei cui pennacchi sono raffigurati di profilo Nicola Rufolo e sua moglie Sigilgaida, costituisce l’ingresso della scala interna. La cassa, decorata con tralci fitomorfi che ne delimitano il perimetro, poggia su sei colonne tortili sorrette da tre leoni e tre leonesse dalla folta criniera. I capitelli, minuziosamente lavorati, sono scolpiti con carnosi tralci vegetali e motivi zoomorfi.
Al centro, su una colonnina tortile, si erge il lettorino, costituito da un’aquila in marmo, originariamente dorato, recante negli artigli un codice con l’iscrizione “In principio erat Verbum”, inizio del Vangelo di San Giovanni. Sotto il lettorino sono invece scolpiti due volti dall’espressione digrignante, che fonde sorriso e isteria in un ghigno enigmatico.
Sulla porta d’ingresso si ammirava fino al 1973 un busto femminile con diadema e lunghi orecchini di gusto barbaro, oggi conservato nel Museo del Duomo. I caratteri iconografici avvicinano la donna ad una basilissa bizantina, i capelli sono raccolti in lunghe trecce mentre il viso è reso con un dolce modellato, che definisce i tratti somatici e rivela la matrice classica, entro cui si muove la ricerca artistica dell’autore.
Nel 1540-41 il viceré Pedro de Toledo, colpito dalla bellezza della scultura, ordinò di trasferirla a Napoli, dove restò fortunatamente solo pochi giorni, grazie alle rimostranze dei notabili ravellesi, “et per lo ritorno se ne fece festa et allegria, Deo Gratias”.
Il busto, secondo alcuni storici, potrebbe rappresentare Sigilgaida Rufolo o Anna della Marra, nuora di Nicola Rufolo, ma non è mancato chi ha visto nella figura femminile la rappresentazione della “Mater Ecclesia”.
L’ambone, piccola basilica nella basilica, accoglie sotto una nicchia, ricavata nel corpo di accesso, un piccolo altare, dove si ammirava il trittico del XIII sec., raffigurante Santa Maria la Bruna tra San Giovanni Battista e San Nicola da Myra, purtoppo trafugato nel 1974.
© L.Buonocore, Il Duomo di Ravello – profilo storico-artistico di un monumento, 2004